Pubblicato il: 30/10/2018

Fish AI e NoPest sono i due progetti dell'Università Statale di Milano tra i vincitori del FET Open 2018-2020, programma di finanziamento nell'ambito di Horizon 2020 destinato alla ricerca di frontiera e più innovativa.

Fil rouge di entrambi i progetti è il tema della sostenibilità, visto che sia Fish AI, guidato da Fulvio Gandolfi del dipartimento di Scienze agrarie e ambientali – Produzione, Territorio, Agroenergia, che NoPest, coordinato da Paolo Pesaresi del dipartimento di Bioscienze, puntano a sviluppare nel primo caso una piattaforma di coltura 3D di nuova generazione, una sorta di intestino artificiale per produrre alimenti sani e in modo sostenibile, e nel secondo a fornire un'alternativa a basso impatto ambientale ai fungicidi tradizionali.

Il gruppo di ricerca di Fulvio Gandolfi

Fulvio Gandolfi in laboratorio insieme (da sinistra) a Nicole Verdile, Tiziana Brevini e Sharon Arcuri

Un intestino artificiale per produrre alimenti sani e in modo sostenibile

"Si chiama Fish AI - Developing an artificial intestine for the sustainable farming of healthy fish ma non è un’intelligenza artificiale sottomarina – ci spiega il professor Fulvio Gandolfi. Il progetto si propone di mettere a punto una piattaforma di coltura 3D di nuova generazione, che riproduca in vitro il complesso microambiente della mucosa intestinale. Il tutto è pensato, infatti, per ottenere una valutazione predittiva della salubrità e del valore nutrizionale di componenti alternativi per le diete da impiegare in acquacultura".

Condotto in collaborazione con l'Israel Oceanographic and Linmological research LTD, la Universiteit Gent, Biofabics LDA, la Norwegian University of Life Science e la Skretting Aquaculture Research center AS, il progetto Fish AI ha una durata di quattro anni, con l'obiettivo di implementare la sostenibilità e la competitività e, al tempo stesso, ridurre significativamente il numero degli animali impiegati a uso sperimentale.

"Fish AI – aggiunge il professor Gandolfi - è il risultato di sinergie e scambi tra esperti internazionali nell'ambito della fisiologia della nutrizione, l'ingegneria dei tessuti, la biologia cellulare e la medicina rigenerativa per lo sviluppo di tecnologie innovative al servizio di una produzione alimentare sostenibile".

Il gruppo di Paolo Pesaresi

Il gruppo di ricerca di NoPest: da sinistra Stefano Pieraccini, Simona Masiero, Sara Pellegrino, Silvia Toffolatti, Paolo Pesaresi

Un'alternativa a basso impatto ambientale ai fungicidi tradizionali

"Con il progetto NoPEST (Novel Pesticides for a Sustainable Agriculture) – afferma Paolo Pesaresi, docente di Genetica al dipartimento di Bioscienze – miriamo a individuare piccoli peptidi capaci di inibire enzimi vitali di alcune specie di oomiceti, agenti patogeni altamente problematici per diverse colture di interesse agrario, tra cui patata, pomodoro, cucurbitacee e vite, e forestale, come la quercia e il larice, e che rappresentano una minaccia per la produzione alimentare e la biodiversità vegetale globale".

Coordinato dal professor Paolo Pesaresi, al progetto NoPest lavoreranno per cinque anni anche Simona Masiero (dipartimento di Bioscienze), Silvia Toffolatti (dipartimento di Scienze agrarie ed ambientali - Produzione, Territorio, Agroenergia), Sara Pellegrino (dipartimento di Scienze farmaceutiche) e Stefano Pieraccini (dipartimento di Chimica), in collaborazione con il KTH Royal Institute of Technology di Stoccolma, l'Università di Bar Ilan in Israele, l'Università di Paris-Sud, l’Università della Rioja in Spagna e l'azienda Oxon Italia S.p.A., specializzata nella sintesi, formulazione e commercializzazione di principi attivi per l'agricoltura.

La strategia, adottata dal progetto NoPest, si ispira alle trend più recenti della ricerca medica e farmaceutica, per fornire un'alternativa a basso impatto ambientale ai fungicidi tradizionali, il cui impiego è soggetto a forti limitazioni da parte dell'Unione Europea a causa del loro impatto sull'ambiente e la salute umana.

"Il finanziamento ricevuto dal progetto NoPest – conclude il professor Pesaresi – testimonia la sensibilità e il grande interesse dell'Unione Europea all'identificazione di nuove strategie, alternative alla chimica convenzionale, che consentano di sviluppare un'agricoltura sostenibile, meno inquinante per l'ambiente e che abbia al centro la salute dell'uomo".

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